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"ZELUS DOMUS TUAE COMEDIT ME": (mi divora lo zelo della tua casa) |
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"Vai con Dio, non ho potuto far di più, questi ti bastano per questi giorni". |
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Ordine Religioso dei Chierici Regolari Minori Al indomani del concilio di Trento ( 1545-1563 ) lo spirito santo suscitò nella chiesa con fervore e del rinnovamento spirituale simile a quella straordinaria fioritura di persone e di opere che noi abbiamo vissuto dopo il concilio Vaticano II. Acquistò dimensioni più vaste e più profonde una intuizione già avvertita in precedenza: sarebbe stato possibile riformare in profondità della chiesa solo se prima venivano riformati preti nella loro spiritualità, nella loro formazione culturale e teologica e nei loro costumi. Si svilupparono, specialmente a Roma, nuove forme di aggregazione di preti intorno ad un capo carismatico, il fondatore, che si impegnavano a vivere secondo una regola in obbedienza ad un superiore: erano i chierici( = sacerdoti ), regolari ( = che vivevano secondo una regola di vita approvato dalla chiesa). A 25 anni esatti dalla conclusione del concilio di Trento, il giorno primo luglio 1588, il Papa VIV via della sua approvazione ad una nuova aggregazione(= ordine) di sacerdoti, che a Napoli, si erano riuniti intorno al genovese Agostino adorno che ed ai napoletani San Francesco Caracciolo e padre Agostino Caracciolo. Avrebbero voluto chiamarsi chierici regolari Mariani per sottolineare le loro profonda delusione verso una vergine Maria, ma obbedirono a Sisto V, che, prima di essere eletto sommo pontefice, è stato un frate minore di S. Francesco d'Assisi e che volle che si chiamassero “chierici regolari minori”. |
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Nella ricorrenza del 4° centenario della morte e 2° centenario della canonizzazione di S. Francesco Caracciolo, è in edizione una completa versione di questo sito. |
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Tante confessioni religiose, oltre al nome ufficiale con cui sono riconosciute dalla chiesa, nel linguaggio popolare sono state indicate con altri nomi che, molto spesso fanno riferimento al nome/ cognome del fondatore o a circostanze e luoghi che hanno dato un'impronta decisiva all'operazione stessa. I “chierici regolari ministri degli infermi” vengono chiamati anche “Camilliani” da San Camillo de Lellis, loro fondatore; i “chierici regolari di San Paolo” comunemente sono chiamati “Barnabiti” dalla chiesa di San Barnaba in Milano, primo centro della loro attività. I chierici regolari minori sono chiamati anche “Caracciolini” del cognome del fondatore, San Francesco Caracciolo. Quando si parla di carisma di un santo si intende una dimensione spirituale più profonda della sua vita, l'intuizione originale che ne ha determinato l'esistenza, l'opzione fondamentale a cui sono da ricondurre le tante scelte quotidiane, la verità che ha illuminato e ispirato tutta la sua esperienza, ciò che egli non voluto con tutte le sue forze, l'aspetto della vita di Cristo cui egli più profondamente si è identificato. Chiamare tutto ciò con il termine carisma significa riconoscerlo come dono gratuito di Dio, accecato dall'uomo con totale disponibilità e obbedienza. Il carisma di San Francesco Caracciolo e degli altri fondatori è stato questo presente per l'eucaristia ed essi hanno orientato tutta la loro vita ed ogni loro attività verso l'eucaristia, hanno voluto essere essi stessi eucaristia cioè lode e ringraziamento costante a Dio nell'offerta costante della propria vita per la salvezza dei fratelli. Questo è anche il carisma che essi hanno lasciato ai loro figli, i “Caracciolini”. Ogni cristiano e figlio del suo tempo e della chiesa del suo tempo ma, quando egli viene canonizzato cioè dichiarato santo, in qualche maniera viene estratto del suo tempo ed elevato come segno per i cristiani di tutti i tempi e di tutti i luoghi ed è così che noi cristiani del terzo millennio segnaliamo la memoria di santi vissuti lontanissimi da noi nel tempo e nello spazio a hanno i vicinissimi per la comune appartenenza a Cristo, coetaneo di ogni uomo. Vedo la straordinaria attualità della vita di San Francesco Caracciolo e della sua regola proprio nella centralità dell'eucaristia, intorno alla quale egli ha voluto che ruotasse tutta la sua vita e quella dei caracciolini. E quella delle centralità dell'eucaristia, fonte e culmine della vita della Chiesa e della sua attività e anche una delle intuizioni più profonde e più attuali nella vita della chiesa che oggi; basti pensare a tutto l'insegnamento conciliare su questo tema ed ai due congressi eucaristici, mondiale ed italiano, che sono stati celebrati nello scorso anno. Nel 2009 celebreremo il venticinquesimo anniversario dell'apertura della prima missione caracciolina a Nyamilima nel Nord Est della Repubblica democratica del Congo. Sono passati oltre 20 anni da quanto il nostro ordine sta vivendo l'avventura, esaltante ed impegnativa, dell'annuncio del Vangelo ad gentes. E gli anni successivi abbiamo allargato il nostro cuore anche verso l'India e le Filippine, anche se in questi paesi e la nostra presenza non può essere definita missionaria nello stesso senso che nel Congo. Già il concilio Vaticano II aveva idealmente aperto le porte delle case religiose verso il mondo; determinante per le nostre decisioni fu il pressante invito di Giovanni Paolo II che non si stancava di ripetere che “la vita consacrata è per la missione”. Lo abbiamo preso sul serio per una nel febbraio del 1984, a Roma partirono i primi due missionari caracciolini, padre Paolo Di Nardo e padre Tommaso Barbona; avevamo a scarsa disponibilità di persone e pochissimi mezzi, ma il Signore ha voluto benedire e premiare la nostra audacia. Siamo fra le più piccole congregazioni della chiesa, in tutto il mondo abbiamo poco più di un dozzina di case religiose. Certamente desideriamo e ci adoperiamo per crescere di qualità e quantità perché un numero sempre maggiore di persone, di comunità e di popoli possa entrare in contatto con il carisma di San Francesco Caracciolo e viverlo. Ma di questo nostro essere “minori” porremo conservare quell'atteggiamento interiore che ci rende accoglienti verso gli altri; i piccoli, i “minori” si accolgono a vicenda con spontaneità ed immediatezza, sapendo di aver bisogno gli uni degli altri, sono indigenti che alzano barriere e steccati! Ciò vale anche per le diverse culture e forme di spiritualità che, con l'apertura missionaria, stiamo incontrando. La nuova evangelizzazione sarà “nuova” non per i contenuti, poiché Cristo e nello stesso ieri, oggi è sempre, ma per il modo con cui il Vangelo viene presentato un uomo di oggi e sarà sempre più nuovo quanto più sacra per tornare a Cristo, primo missionario del padre, il quale, prima di parlare dell'eucaristia, commosso per la fame dei suoi ascoltatori, aveva moltiplicato cinque anni per 5000 persone! Questa evangelizzazione “a due mani” stiamo facendo in Africa: con una mano offriamo il Vangelo e l'eucaristia e con l'altra tutto quanto possiamo per la promozione umana è sociale di quanti, di fronte ai clienti della terra, continuano ad essere “minori” e dimenticati, se non sfruttarti e perseguitati. Il problema di vocazioni “nuove” per la “nuova” evangelizzazione è il più grande problema della chiesa di oggi ed anche nel nostro ordine. Sono certo che anche oggi, anche in Italia, anche nelle parrocchie caraccioline il Signore continua a chiamare i suoi nuovi missionari e non è che la sua voce si sia indebolita con il tempo ma forse sono le nostre ore che essi sono otturate di troppo benessere ed i nostri occhi annebbiati da fuochi fatui. (vai all'inizio) |
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